Neurofeedback

Il neurofeedback (NF), noto anche come biofeedback elettroencefalografico (EEG), è una tecnica non invasiva che permette di monitorare e modificare l’attività cerebrale attraverso un feedback in tempo reale. Si basa sull’utilizzo di strumenti per registrare e analizzare i segnali elettrici prodotti dal cervello (elettroencefalogramma) e per fornire al soggetto un feedback audiovisivo che lo guida nel modulare i propri stati mentali o cognitivi. L’obiettivo del neurofeedback è migliorare il funzionamento cerebrale, promuovendo il benessere o alleviando disturbi neurologici e psicologici.

Il neurofeedback è utilizzato in ambiti clinici, educativi e sportivi, trovando applicazione in condizioni come il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), l’ansia, l’insonnia, l’epilessia e il miglioramento delle prestazioni cognitive. La sua efficacia e il suo utilizzo sono oggetto di ampi studi scientifici, con risultati promettenti ma talvolta controversi.

Etimologia

Il termine “neurofeedback” deriva dalla combinazione di:

  • Neuro, dal greco antico “νεῦρον” (neuron), che significa “nervo” o “sistema nervoso”.
  • Feedback, dall’inglese, composto da “feed” (alimentare) e “back” (indietro), che indica un sistema di retroazione in cui un processo si auto-regola attraverso il ritorno delle informazioni sulle sue prestazioni.

Il termine è entrato nell’uso comune negli anni ’70 con la diffusione degli studi sul biofeedback, di cui il neurofeedback rappresenta una specifica declinazione.

Principi scientifici

Elettroencefalografia (EEG)

Il neurofeedback utilizza principalmente la registrazione dell’attività elettrica del cervello tramite elettrodi posti sul cuoio capelluto. Questa attività si manifesta sotto forma di onde cerebrali, classificate in base alla loro frequenza:

  • Delta (0,5-4 Hz): associate al sonno profondo.
  • Theta (4-8 Hz): legate a stati di rilassamento o di sogno.
  • Alpha (8-12 Hz): indicative di uno stato di rilassamento vigile.
  • Beta (12-30 Hz): correlate a stati di concentrazione o ansia.
  • Gamma (30-100 Hz): associate a processi cognitivi complessi.

Feedback in tempo reale

Durante una sessione di neurofeedback, i segnali EEG vengono elaborati da un software che analizza i parametri specifici (ad esempio, la potenza di una determinata banda di frequenza). Il software fornisce un feedback sotto forma di stimoli visivi, uditivi o tattili, come un’immagine che cambia colore o un suono che varia in intensità. Questo feedback informa il soggetto sulla sua attività cerebrale, consentendogli di apprendere a modificarla volontariamente.

Applicazioni cliniche

ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività)

Il neurofeedback è una delle tecniche complementari più studiate per il trattamento dell’ADHD. Mira a migliorare la regolazione dell’attenzione e ridurre l’iperattività, allenando il soggetto a incrementare le onde beta (concentrazione) e ridurre quelle theta (distrazione).

Ansia e stress

Il neurofeedback può aiutare a regolare l’iperattività delle onde beta ad alta frequenza, che spesso sono associate a stati di ansia. Promuove stati di rilassamento attraverso l’incremento delle onde alpha.

Insonnia

Nei soggetti con insonnia, il neurofeedback può favorire un miglioramento della qualità del sonno attraverso il rafforzamento delle onde theta e delta, tipiche delle fasi di rilassamento profondo e sonno.

Epilessia

Alcuni studi hanno evidenziato che il neurofeedback può ridurre la frequenza delle crisi epilettiche, migliorando la regolazione dell’attività cerebrale e promuovendo un equilibrio tra le diverse bande di frequenza.

Depressione

Il neurofeedback è stato impiegato per alleviare i sintomi depressivi, intervenendo sull’asimmetria cerebrale che spesso caratterizza questa condizione, con un focus sull’attivazione della corteccia prefrontale sinistra.

Applicazioni non cliniche

Potenziamento cognitivo

In ambiti educativi e lavorativi, il neurofeedback è usato per migliorare la concentrazione, la memoria e le capacità decisionali. È particolarmente apprezzato da atleti e professionisti che necessitano di alte prestazioni mentali.

Meditazione e consapevolezza

Alcuni programmi di neurofeedback sono progettati per favorire stati di meditazione profonda, aiutando il soggetto a mantenere l’attenzione sul presente e ridurre i pensieri intrusivi.

Controversie e limiti

Nonostante le promesse, il neurofeedback è oggetto di dibattito nella comunità scientifica. I punti critici includono:

  • Evidenze scientifiche limitate: Non tutti gli studi confermano l’efficacia del neurofeedback, e vi è una variabilità nei protocolli utilizzati.
  • Effetto placebo: Alcuni risultati positivi potrebbero essere attribuiti all’effetto placebo piuttosto che a cambiamenti neurologici reali.
  • Costo ed accessibilità: Le attrezzature necessarie e il numero elevato di sessioni richieste possono renderlo costoso e difficile da implementare su larga scala.

Protocolli di neurofeedback

Protocollo SMR (Sensory Motor Rhythm)

Focalizzato sulla banda di frequenza 12-15 Hz, è particolarmente utilizzato per ridurre i sintomi di ADHD e migliorare il rilassamento.

Protocollo alfa/theta

Utilizzato per indurre uno stato di rilassamento profondo, è impiegato nel trattamento di ansia, depressione e dipendenze.

Protocollo Z-score

Si basa su analisi statistiche dell’EEG, confrontando l’attività cerebrale del soggetto con un database di riferimento per identificare deviazioni e normalizzarle.

Aspetti pratici

Una sessione di neurofeedback tipica include:

  1. Valutazione iniziale: analisi dell’EEG per individuare squilibri specifici.
  2. Impostazione degli obiettivi: determinazione dei parametri cerebrali da modificare.
  3. Sessioni di allenamento: durata variabile tra i 30 e i 60 minuti, con un numero totale che può variare da 20 a 60 sessioni.
  4. Monitoraggio dei progressi: valutazione periodica per adattare il protocollo alle esigenze del soggetto.

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