Attrito

L’attrito è una resistenza passiva che tende ad ostacolare il moto relativo di due corpi a contatto. Le resistenze passive, che producono la perdita di lavoro dinamico nel contatto tra corpi in moto relativo, possono distinguersi per vari aspetti:

  • aspetto geometrico (estensione del contatto): puntiforme, oppure esteso a linea o a superficie;
  • aspetto cinematico (forma del moto relativo): strisciamento o rotolamento; in particolare, nel contatto esteso, il moto relativo avviene in ogni istante intorno ad un asse al quale sono incidenti tutte le normali di contatto, sempre che si escluda l’urto e che i corpi siano indeformabili;
  • natura dei corpi: contatto tra solidi rigidi o deformabili, tra solido e fluido, tra fluidi;
  • stato delle superfici: lisce o rugose;
  • forma dell’attrito: asciutto, lubrificato.

Interpretazione Microscopica dell’Attrito

L’attrito è un fenomeno che tutti noi sperimentiamo quotidianamente, ma la sua vera natura si rivela solo quando scendiamo a livello microscopico. Quello che a occhio nudo ci appare come una superficie perfettamente liscia, in realtà nasconde un paesaggio accidentato fatto di picchi e valli microscopiche, chiamate asperità. Queste irregolarità, che possono misurare anche solo pochi micron, giocano un ruolo fondamentale nel fenomeno dell’attrito.

rugosita superficiale attrito
Rendering 3D della superficie rugosa di un oggetto materiale.

A livello microscopico, il fenomeno dell’attrito è causato dall’interazione delle asperità superficiali e dalle forze di adesione tra gli atomi delle superfici. Quando due superfici entrano in contatto, le loro asperità si incastrano, e le forze di adesione, come le forze di Van der Waals o legami chimici temporanei, aumentano la resistenza al movimento. Il valore maggiore del coefficiente di attrito statico rispetto al dinamico riflette proprio il fatto che queste forze devono essere inizialmente superate, mentre durante il movimento la resistenza diventa meno intensa poiché l’incastro delle asperità è più fugace.

Quando due superfici vengono messe a contatto, quello che realmente accade è sorprendente: solo una piccolissima frazione delle superfici, circa l’1%, entra effettivamente in contatto. Sono proprio le punte di queste microscopiche asperità a toccarsi, creando punti di contatto dove si sviluppano pressioni enormemente elevate. È come se tutto il peso di un oggetto fosse concentrato su una superficie grande quanto la punta di uno spillo.

A questo livello microscopico, entrano in gioco diversi meccanismi di interazione. Le molecole delle due superfici a contatto formano dei legami temporanei, un fenomeno noto come adesione molecolare. Contemporaneamente, le asperità si deformano sia elasticamente che plasticamente, e quelle di una superficie possono incastrarsi nelle cavità dell’altra, creando una sorta di microscopico sistema di ingranaggi.

Le forze in gioco sono molteplici e complesse. Oltre alle forze meccaniche di deformazione, abbiamo forze elettromagnetiche tra gli atomi delle superfici, forze di van der Waals e persino forze capillari dovute all’umidità presente nell’aria. Tutte queste interazioni contribuiscono a creare quella resistenza al movimento che chiamiamo attrito.

La temperatura gioca un ruolo cruciale in questo processo. L’attrito genera calore attraverso vari meccanismi: la deformazione plastica delle asperità, la rottura dei legami molecolari e la continua creazione e distruzione di microscopiche saldature tra le superfici. Questo aumento di temperatura non è un effetto secondario trascurabile, ma può modificare significativamente le proprietà meccaniche delle superfici a contatto.

La velocità con cui le superfici strisciano l’una sull’altra influenza notevolmente il comportamento dell’attrito. A basse velocità, l’adesione molecolare è il fenomeno predominante. Man mano che la velocità aumenta, le deformazioni meccaniche diventano più significative e la temperatura aumenta, modificando ulteriormente le caratteristiche dell’interazione.

Un aspetto spesso sottovalutato è l’importanza della pulizia delle superfici. In condizioni normali, le superfici sono ricoperte da strati di ossidi, umidità e vari contaminanti. Questi strati superficiali non sono un difetto, ma svolgono un ruolo importante nel moderare l’attrito. Infatti, in condizioni di alto vuoto e con superfici perfettamente pulite, l’attrito può aumentare drasticamente, fino al punto in cui le superfici potrebbero saldarsi insieme.

I materiali coinvolti influenzano profondamente il comportamento dell’attrito. La loro durezza relativa, la struttura cristallina, le proprietà elastiche e plastiche, e persino l’affinità chimica tra i materiali determinano come le superfici interagiranno a livello microscopico.

I lubrificanti svolgono un ruolo fondamentale nella modifica di queste interazioni microscopiche. Creando uno strato che separa le superfici, riducono l’adesione molecolare e la deformazione delle asperità. Alcuni lubrificanti possono anche modificare chimicamente le superfici, creando strati protettivi che alterano le proprietà di attrito.

Tutte queste interazioni microscopiche hanno conseguenze pratiche importanti. L’usura dei materiali è una diretta conseguenza di questi meccanismi, e la comprensione di questi fenomeni a livello microscopico è fondamentale per progettare superfici con caratteristiche di attrito ottimali per specifiche applicazioni. La scelta dei materiali e dei lubrificanti deve tenere conto di tutti questi aspetti per massimizzare le prestazioni e la durata dei sistemi meccanici.

La profonda comprensione dell’interpretazione microscopica dell’attrito ha rivoluzionato molti campi tecnologici, dalla progettazione di cuscinetti a basso attrito fino allo sviluppo di superfici ultra-resistenti. È un esempio affascinante di come i fenomeni microscopici possano dare origine a effetti macroscopici che influenzano la nostra vita quotidiana.

Questa visione microscopica ci aiuta a capire perché l’attrito non è semplicemente una forza che si oppone al movimento, ma un fenomeno complesso che emerge dall’interazione di numerosi meccanismi a livello atomico e molecolare. La sua comprensione continua a essere fondamentale per lo sviluppo di nuove tecnologie e il miglioramento di quelle esistenti.

Manifestazione dinamica dell’attrito

Tra le superfici di due corpi in contatto sussiste la capacità di sviluppo di una forza tangenziale, di entità più o meno consistente, in grado di opporsi al loro moto relativo. La sua manifestazione dinamica è dunque la deviazione (di un centro angolo di attrito) della retta d’azione della forza di contatto mutua dalla normale locale, dalla parte per cui la componente tangenziale si oppone al moto relativo del corpo cui è applicata (rispetto all’altro).

Considerando il contatto tra due corpi solidi, ipotizzando il contatto puntiforme tra le rispettive superfici (ad esempio due sfere di raggio piccolo), la forza di contatto scambiata tra i due corpi passa per il punto comune e la sua retta d’azione può assumere una inclinazione di varia misura rispetto alla normale di contatto (della tangente nel punto comune). Tale inclinazione non è determinata dalla sola geometria del vincolo.

Della forza mutua si possono distinguere la componente normale, la cui retta d’azione è la normale di contatto, e la componente tangenziale, giacente nel piano tangente di contatto. Si dimostra che per una data componente normale, vi è un massimo per la componente tangenziale della forza di contatto, quanto a dire un massimo dell’inclinazione della forza stessa sulla normale; tale valore massimo dipende dalle condizioni che caratterizzano localmente il contatto.

Coefficiente di attrito

Il coefficiente di attrito è una grandezza fisica adimensionale che quantifica il grado di resistenza al movimento tra due superfici a contatto. Esso rappresenta il rapporto tra la forza di attrito, che si oppone al movimento relativo delle superfici, e la forza normale, ovvero la forza perpendicolare che tiene premute le due superfici l’una contro l’altra. Il coefficiente di attrito è definito come:

$$\mu = \dfrac{F_r}{F_{\perp}}$$

dove:

  • \(F_r\) è la forza di attrito,
  • \(F_{\perp}\) è la forza normale o la componente della forza che preme le superfici l’una contro l’altra.

Essendo una grandezza adimensionale, il valore del coefficiente di attrito dipende esclusivamente dalla natura e dalla lavorazione delle superfici coinvolte. Questo significa che la sua entità varia in base al materiale e alla rugosità superficiale. Maggiore è l’irregolarità o la “ruvidità” delle superfici, maggiore sarà l’interazione tra gli atomi che le compongono, influenzando il valore del coefficiente.

Tipologie di Coefficienti di Attrito

Quando si studia l’attrito tra due superfici a contatto, è fondamentale distinguere tra due tipologie principali di coefficienti di attrito, che descrivono comportamenti fisici differenti in condizioni diverse. La distinzione tra coefficiente di attrito statico e dinamico riflette la realtà fisica che tutti noi possiamo sperimentare quotidianamente: la forza necessaria per mettere in movimento un oggetto è generalmente maggiore di quella richiesta per mantenerlo in movimento.

Coefficiente di Attrito Statico (\(\mu_{rs}\))

Il coefficiente di attrito statico è il valore che descrive l’attrito tra due superfici ferme una rispetto all’altra. Quando si cerca di far scorrere un corpo su una superficie, inizialmente è necessario vincere la forza di attrito statico che resiste al movimento. Tale coefficiente è calcolato come il rapporto tra la forza necessaria per iniziare il movimento relativo tra i due corpi e la forza normale che li mantiene in contatto. Matematicamente, si può esprimere come:

$$\mu_{rs} = \dfrac{F_{rs}}{F_{\perp}}$$

Una caratteristica importante del coefficiente di attrito statico è che, generalmente, è maggiore (o al più uguale) rispetto al coefficiente di attrito dinamico. Questo perché, a livello microscopico, le superfici hanno microaspere o piccole irregolarità che tendono a incastrarsi tra loro, richiedendo una forza maggiore per “rompere” l’aderenza iniziale.

Coefficiente di Attrito Dinamico (\(\mu_{rd}\))

Il coefficiente di attrito dinamico (o cinetico) si riferisce alla resistenza al movimento tra due superfici che sono già in moto relativo. Una volta che il corpo è in movimento, l’attrito che agisce contro di esso ha generalmente un valore inferiore rispetto a quello statico, poiché le superfici non hanno il tempo di creare forti legami a livello microscopico. Questo coefficiente può essere espresso come:

$$\mu_{rd} = \dfrac{F_{rd}}{F_{\perp}}$$

Importanza del Coefficiente di Attrito

Il coefficiente di attrito ha un ruolo cruciale in molti aspetti della nostra vita quotidiana e nelle applicazioni ingegneristiche. Alcuni esempi includono:

  • Adesione e controllo del movimento: In situazioni in cui è necessario fermare un corpo, come nei sistemi di frenatura di veicoli, l’attrito gioca un ruolo fondamentale. Un coefficiente di attrito elevato garantisce un maggiore controllo e stabilità.
  • Efficienza energetica: In molti macchinari, l’attrito rappresenta una causa di dispersione di energia meccanica sotto forma di calore, riducendo il rendimento complessivo del sistema. Per minimizzare tali perdite, è importante ridurre l’attrito con lubrificanti o superfici più lisce.

Angolo di Attrito

Il coefficiente di attrito statico può essere anche collegato all’angolo di attrito. Questo è l’angolo massimo che può essere raggiunto tra due superfici prima che il corpo superiore inizi a scivolare. La tangente dell’angolo di attrito fornisce un valore uguale al coefficiente di attrito statico:

$$\mu_{rs} = \tan(\theta)$$

dove \(\theta\) è l’angolo massimo prima del distacco.

In sintesi, il coefficiente di attrito è un parametro fondamentale per descrivere e comprendere le interazioni tra superfici in contatto e ha molte applicazioni sia teoriche che pratiche nei campi della meccanica, della fisica e dell’ingegneria.

Tipologie di attrito

In meccanica si riscontrano fondamentalmente tre tipi di attrito:

  • attrito secco: si manifesta tra due corpi a contatto su superfici non lubrificate;
  • attrito fluido (viscoso): si manifesta alle superfici di due corpi in moto relativo tra i quali sia interposto un lubrificante liquido o gassoso, per cui si sviluppano delle forze viscose di interazione tra il corpo materiale e le molecole del fluido (liquido o gas) con cui è in moto relativo. Tale forza di attrito viscoso è legata ad un numero adimensionale detto numero di Reynolds.
  • attrito interno dei materiali: si manifesta come una non perfetta elasticità dei corpi reali quando vengono deformati.

A seconda della presenza o meno di moto relativo e della sua tipologia si distinguono anche:

  • attrito statico (tipico dei corpi in quiete);
  • attrito dinamico (tipico dei corpi in moto relativo);
  • attrito radente;
  • attrito volvente.

Attrito statico

L’attrito statico è la forza che si oppone all’inizio del movimento relativo tra due superfici in contatto. Quando un oggetto è in riposo su una superficie e una forza esterna tenta di metterlo in movimento, l’attrito statico agisce in direzione opposta per contrastare questa tendenza. Finché la forza applicata non supera un certo limite, l’oggetto rimane fermo grazie all’attrito statico.

La forza massima di attrito statico che può essere esercitata tra due superfici è data dalla formula:

\[ f_s^{\text{max}} = \mu_s N \]

dove:

  • \( f_s^{\text{max}} \) è la forza massima di attrito statico,
  • \( \mu_s \) è il coefficiente di attrito statico, un valore senza dimensioni che dipende dalla natura delle due superfici,
  • \( N \) è la forza normale, ovvero la forza perpendicolare alla superficie di contatto.

È importante notare che l’attrito statico non ha un valore fisso fino al suo massimo: varia in risposta alla forza applicata fino a raggiungere \( f_s^{\text{max}} \). Se la forza esterna supera questo valore massimo, l’oggetto inizia a muoversi, e l’attrito diventa cinetico (o dinamico), generalmente di valore inferiore.

Caratteristiche principali dell’attrito statico

  1. Opposizione al Movimento Iniziale: L’attrito statico impedisce l’inizio del movimento relativo tra le superfici.
  2. Proporzionalità alla Forza Normale: Maggiore è la forza normale, maggiore è la forza massima di attrito statico.
  3. Coefficiente di Attrito Statico (\( \mu_s \)): Dipende dai materiali e dalle condizioni delle superfici (ad esempio, rugosità, pulizia, presenza di lubrificanti).
  4. Valore Variabile fino al Massimo: A differenza dell’attrito dinamico, l’attrito statico può assumere qualsiasi valore fino al suo massimo per bilanciare la forza applicata.

Applicazioni e Implicazioni:

  • Sicurezza e Stabilità: L’attrito statico è cruciale per prevenire lo slittamento in situazioni come veicoli parcheggiati in pendenza o oggetti posizionati su superfici inclinate.
  • Progettazione Meccanica: Nella progettazione di macchinari e strutture, è fondamentale considerare l’attrito statico per garantire il corretto funzionamento e la sicurezza.
  • Movimento degli Oggetti: Per mettere in movimento un oggetto in riposo, la forza applicata deve superare la forza massima di attrito statico.

Attrito dinamico

L’attrito dinamico è la forza di attrito che si manifesta quando due superfici in contatto si muovono l’una rispetto all’altra. Questa forza si oppone al movimento relativo e agisce in direzione contraria allo scorrimento delle superfici. Questa resistenza è dovuta alle interazioni microscopiche tra le asperità delle superfici e può essere influenzata da vari fattori come la velocità di scorrimento, la pressione di contatto, la temperatura e la presenza di lubrificanti. Sebbene spesso il termine “attrito dinamico” venga utilizzato in modo intercambiabile con “attrito cinetico”, in alcuni contesti l’attrito dinamico può includere considerazioni più dettagliate su come l’attrito varia in condizioni dinamiche complesse.

Formula dell’Attrito Dinamico: La forza di attrito dinamico può essere espressa mediante la formula:

\[ f_d = \mu_d N \]

dove:

  • \( N \) è la forza normale, ovvero la forza perpendicolare alla superficie di contatto.
  • \( f_d \) è la forza di attrito dinamico,
  • \( \mu_d \) è il coefficiente di attrito dinamico

Caratteristiche Principali dell’Attrito Dinamico

  1. Dipendenza dal Movimento: L’attrito dinamico si manifesta solo quando c’è movimento relativo tra le superfici.
  2. Coefficiente Variabile: Il coefficiente di attrito dinamico può variare in funzione di diversi parametri come velocità, temperatura e condizioni superficiali.
  3. Dissipazione di Energia: L’attrito dinamico comporta la conversione dell’energia meccanica in calore, causando l’aumento della temperatura delle superfici in contatto.
  4. Influenza delle Condizioni Operative: Fenomeni come vibrazioni, deformazioni e variazioni di carico possono influenzare l’attrito dinamico.

Fattori che Influenzano l’Attrito Dinamico

  • Velocità di Scorrimento: In alcuni materiali, l’attrito può variare con la velocità. Ad esempio, l’attrito può diminuire o aumentare all’aumentare della velocità a causa di cambiamenti nel regime di lubrificazione o di effetti termici.
  • Temperatura: L’aumento della temperatura può alterare le proprietà dei materiali e dei lubrificanti, modificando il coefficiente di attrito.
  • Materiali delle Superfici: La composizione chimica e la struttura microscopica delle superfici influenzano le interazioni a livello atomico e molecolare.
  • Condizioni Superficiali: Rugosità, usura, contaminazione e presenza di ossidazione possono modificare l’attrito.
  • Lubrificanti: L’uso di lubrificanti può ridurre significativamente l’attrito dinamico, favorendo un regime di scorrimento fluido o misto.

Regimi di Lubrificazione

  • Lubrificazione a Secco: Assenza di lubrificanti, con contatto diretto tra le asperità delle superfici.
  • Lubrificazione Limite: Un sottile strato di lubrificante separa parzialmente le superfici.
  • Lubrificazione Fluida: Le superfici sono completamente separate da un film di lubrificante, riducendo drasticamente l’attrito.

Modelli Avanzati dell’Attrito Dinamico

  • Legge di Amontons-Coulomb: Fornisce una descrizione lineare dell’attrito dinamico, ma non tiene conto delle variazioni con la velocità o la temperatura.
  • Modello di Stribeck: Descrive come il coefficiente di attrito varia in funzione della velocità e del regime di lubrificazione, mostrando un comportamento non lineare.
  • Modelli Tribologici: La tribologia studia l’attrito, l’usura e la lubrificazione, utilizzando modelli complessi per prevedere il comportamento delle superfici in movimento.

Applicazioni dell’Attrito Dinamico

  • Progettazione Meccanica: La comprensione dell’attrito dinamico è fondamentale nella progettazione di componenti meccanici come cuscinetti, ingranaggi e sistemi di trasmissione.
  • Industria Automobilistica: Nei freni e negli pneumatici, l’attrito dinamico è cruciale per garantire sicurezza e prestazioni.
  • Processi di Lavorazione: In operazioni come la fresatura o la tornitura, l’attrito dinamico tra utensile e pezzo influisce sulla qualità della lavorazione e sull’usura degli utensili.
  • Dispositivi Medici: In protesi articolari, è importante minimizzare l’attrito dinamico per ridurre l’usura e aumentare la durata dell’impianto.

Importanza nella Progettazione e nell’Analisi:

La corretta valutazione dell’attrito dinamico è essenziale per:

  • Predire le Prestazioni: Calcolare forze necessarie per muovere componenti, valutare consumi energetici e stimare l’efficienza dei sistemi.
  • Prevenire l’Usura e il Surriscaldamento: Un attrito eccessivo può portare a guasti prematuri dei componenti e a rischi di sicurezza.
  • Ottimizzare i Processi Produttivi: Ridurre l’attrito dinamico può migliorare la produttività e la qualità dei prodotti.

Differenze tra Attrito Dinamico e Cinetico:

Sebbene spesso considerati sinonimi, in alcuni contesti si può fare una distinzione tra i due termini:

  • Attrito Cinetico (μk​): Rappresenta l’attrito costante che si verifica durante il movimento a velocità moderata e costante, senza considerare le variazioni dinamiche. Questo termine è comunemente usato nella fisica classica per descrivere l’attrito che agisce tra superfici in movimento relativo a velocità costante. Si concentra sul movimento costante
  • Attrito Dinamico (μd​): Può includere variazioni dell’attrito dovute a cambiamenti di velocità, accelerazioni, vibrazioni e altri effetti dinamici. In alcuni contesti, l’attrito dinamico può riferirsi all’attrito che agisce durante cambiamenti di velocità, cioè durante accelerazioni o decelerazioni. Può includere effetti aggiuntivi non considerati nell’attrito cinetico semplice.

Differenza tra Attrito Statico e Dinamico

  • Attrito Statico (\( f_s \)): Agisce quando non c’è movimento relativo; varia fino a un massimo di \( \mu_s N \).
  • Attrito Dinamico (\( f_k \)): Agisce quando le superfici sono in movimento relativo; ha un valore costante dato da \( f_k = \mu_k N \), dove \( \mu_k \) è il coefficiente di attrito cinetico. In generale, il coefficiente di attrito statico è maggiore del coefficiente di attrito dinamico per la stessa coppia di superfici, il che significa che è necessaria una forza maggiore per iniziare il movimento rispetto a quella necessaria per mantenerlo.

Attrito radente

Si definisce attrito radente (di strisciamento) quel fenomeno di resistenza al moto dovuto allo strisciamento tra le superfici di due corpi materiali in contatto, che presentano una certa rugosità superficiale.

Nel caso di immobilità relativa al contatto l’inclinazione (angolo di attrito) della forza scambiata tra i punti comuni di due corpi può assumere uno qualsiasi dei valori tra zero ed un massimo, che dipende dalle condizioni che caratterizzano localmente il contatto. Per detta condizione cinematica, l’inclinazione della forza di contatto è determinata esclusivamente dalla condizione di equilibrio con le altre forze sollecitanti il corpo, scelte arbitrariamente, e risulta indipendente dalle caratteristiche del contatto, fin quando l’azione utile per ottenere l’equilibrio si sviluppi nel contatto, assuma una inclinazione sulla normale più grande di quella limite.

Nel caso in cui si abbia scorrimento, invece, l’inclinazione della forza tra i due punti è determinata in modo univoco dalle condizioni locali di contatto, esclusivamente, ed è indipendente dal valore arbitrariamente scelto dalle altre forze operanti sul corpo al quale essa è applicata; l’inclinazione è infine caratterizzata dall’essere la componente tangenziale della forza di contatto sempre direttamente opposta alla velocità relativa del punto a cui è applicata. Lo svilupparsi della componente tangenziale dell’azione di contatto è manifestazione di attrito.

In altre parole, dunque, dicesi attrito radente (oppure di strisciamento) l’azione tangenziale nel caso di moto relativo al contatto; mentre si definisce aderenza quella tra elementi in contatto in assenza di strisciamento.

Tutte le possibili rette d’azione della forza di contatto appartengono al cono di attrito avente il vertice nel punto di contatto. Le generatrici della superficie del cono sono le rette d’azione più deviate dalla normale di contatto; se la deviazione massima è identica in ciascun semipiano assiale, il cono d’attrito risulta rotondo. Ciò si verifica se le condizioni al contatto restano invariate al variare della direzione della velocità relativa; in particolare occorre che siano isotropi i materiali in contatto. Ad esempio, nel caso del legno, lo scorrimento lungo le fibre dà luogo a deviazione diversa che trasversalmente ad esse.

Nel moto relativo dei due corpi si genera una forza di attrito radente \(F_r\) che è pari al prodotto di un coefficiente di attrito radente \(\mu_r\) per la componente perpendicolare alle superfici in contatto della risultante delle forze agenti \(F_{\perp}\):

\[F_r=\mu_r F_{\perp}\]

Osservazione: la componente perpendicolare della forza agente sulle superfici in contatto è pari alla forza peso \(F_{\perp}=P\) se le superfici giacciono su di un piano orizzontale, mentre se il piano è inclinato la forza perpendicolare è pari alla componente della forza peso moltiplicata per il coseno dell’angolo di inclinazione: \(F_{\perp}=P\cos\alpha\)

Forme dell’attrito radente

L’entità dell’attrito e del coefficiente di attrito, dipende dalle condizioni geometriche, cinematiche e dinamiche che si presentano nel contatto tra le superfici dei corpi, ma in special modo, è estremamente sensibile allo stato chimico e fisico delle parti in contatto.

Variazioni impercettibili di tale stato possono provocare altrettante variazioni del coefficiente di attrito dell’ordine di centinaia di volte. Per questa ragione, la possibilità di riscontrare rilevanti variazioni del coefficiente di attrito per cause minime e spesso incontrollabili, deve essere sempre tenuta presente nell’esercizio delle macchine e dei relativi meccanismi, specialmente per questioni riguardanti la sicurezza.

Sono almeno tre le forme di attrito a strisciamento nettamente caratterizzate:

  1. attrito tra corpi asciutti: cioè tra solidi dalla superficie detersa nel significato chimico, cioè sino al livello di entità del singolo strato monomolecolare;
  2. attrito tra corpi perfettamente lubrificati: ossia tra fluidi, infatti, esso è caratterizzato dalla presenza tra i due solidi di uno strato di fluido lubrificante che, pur essendo di spessore esiguo, è tale da ammettere nel suo interno scorrimenti di sottilissime falde fluide, facendo sì che tra i due corpi non esista alcun contatto diretto. Il collegamento dinamico viene stabilito esclusivamente attraverso lo strato di lubrificante, e perciò la forza applicata a ciascuno dei due corpi segue leggi esprimenti proprietà esclusive del fluido. È per tale motivo che l’entità dell’attrito di questa forma, è grandemente influenzata dalla velocità di scorrimento e dalla temperatura del lubrificante, questa a sua volta essendo dipendente dal lavoro dissipato per attrito in seno allo strato fluido. Si osserva che l’aria stessa può insinuarsi tra le pareti affacciate e fungere da lubrificante, sviluppando rilevanti forze su di esse per effetto del rapido moto relativo;
  3. attrito tra corpi rivestiti da uno strato la cui esiguità è l’estrema concepibile: cioè lo spessore di una sola molecola, oppure anche di sole poche molecole. Il rivestimento è solitamente costituito da molecole di lubrificanti, ad esempio oli o grassi. Tali molecole hanno una estremità attiva e per essa di attaccano ortogonalmente alla superficie con una avidità ed una forza grandissime; possono inoltre unirsi una all’altra a guisa di anelli di catena, costituendo nell’insieme uno strato sulla parete simile a quello dei fili di un tessuto ed avente una fortissima resistenza alla lacerazione, né più né meno di uno strato solido. Il carattere dell’unione alla superficie è espresso anche dal fatto che la sola esposizione della superficie stessa al vapore del lubrificante, è sufficiente alla costituzione dello strato aderente; se il vapore è saturo la densità dello strato è uguale a quella ottenibile per immersione nel fluido. Quest’ultimo carattere spiega la indistricabile complicazione del fenomeno dell’attrito, ove si osservi che è enorme il numero dei lubrificanti e dei grassi minerali, vegetali ed animali chimicamente definiti, e che risulta grandissima pertanto la varietà dei loro vapori. Ad accrescere ulteriormente la complessità contribuisce il fatto che possono naturalmente verificarsi tutti i casi intermedi nei quali simultaneamente per i vari elementi delle superfici di contatto si verificano l’una e l’altra forma di attrito.

Attrito radente tra corpi asciutti

Per i corpi asciutti, Coulomb, dedusse sperimentalmente che la resistenza di attrito è proporzionale al carico normale e non dipende né dalla velocità di strisciamento, né dall’estensione della superficie di contatto, mentre dipende solo dalla natura dei materiali.

La manifestazione caratteristica dell’attrito di strisciamento è la deviazione della normale della retta d’azione della forza di contatto, in modo che la componente della forza nel piano tangente risulti direttamente opposta alla velocità relativa del corpo a cui è applicata (rispetto al corpo da cui proviene); l’ampiezza della deviazione dipende solamente dalla natura dei materiali.

In effetti, per parte dei soli fattori geometrici, ha pure influenza lo stato di finitura superficiale, cioè il maggiore o minore rilievo delle piccole e delle estese irregolarità della superficie.

Influenza della velocità

L’indipendenza del coefficiente di attrito dalla velocità è approssimata e può essere ritenuta ammissibile solo per modeste variazioni di velocità.

In effetti il campo di variazione della velocità di strisciamento per il quale si ha fondamentale interesse a conoscere il comportamento del coefficiente di attrito è estremamente esteso: dai valori inferiori al millimetro al secondo, per lo strisciamento incipiente, fino a valori dell’ordine del centinaio di metri al secondo, come ad esempio accade per ruote e freni.

È evidente che una gamma così vasta di velocità può dar luogo a comportamenti diversi dell’attrito, si può affermare dunque che, normalmente, a partire dalle velocità più basse il coefficiente di attrito tra corpi asciutti dapprima decresce sensibilmente, per poi crescere già a partire da valori di velocità dell’ordine del centimetro al secondo. Allorquando la velocità diventa dell’ordine del metro al secondo e via via crescendo, fino ai più elevati valori, subentra una costante diminuzione del valore del coefficiente di attrito.

Influenza della pressione

È chiaro che anche la pressione può contribuire a caratterizzare il valore del coefficiente di attrito: basta pensare che essa produce un’alterazione della forma delle superfici a contatto. Anche la pressione può subire le più ampie variazioni, essendo limitata soltanto dalla capacità dei materiali a sopportarla senza deformazioni proibitive.

Si inizia così dai valori più lievi per terminare a valori corrispondenti al limite della deformazione permanente a schiacciamento, come nel caso dei contatti estremamente localizzati (puntiformi). Ad esempio, pressioni enormi si hanno nel contatto tra ruota e rotaia dei veicoli ferroviari ed in quello tra gli elementi rotolanti dei cuscinetti a rulli ed a sfere.

La variazione del coefficiente di attrito, al variare della pressione è tuttavia relativamente modesta. Spesso con l’aumento della pressione a partire da valori piccolissimi, il coefficiente di attrito dapprima decresce leggermente mentre verso le massime pressioni si ha un sensibile aumento del coefficiente di attrito. Questi ultimi valori hanno interesse, ad esempio, nel calettamento dei membri nelle macchine, cioè nell’accoppiamento permanente ottenuto per semplice pressione: come per il mozzo di una ruota sul rispettivo albero.

Effetto fluidostatico della pressione

Se la superficie di uno di due membri è in presenza di fluido entro il quale l’altro membro è immerso, tra tutte le forze operanti su quest’ultimo membro è da annoverare anche l’azione del fluido, in particolare la forza fluidostatica.

Se si ammette che in corrispondenza degli elementi superficiali combacianti di due membri non sia presente alcuna traccia del fluido, sarà chiaro che risulterà assente l’azione statica del fluido. A paragone della condizione di equilibrio del corpo completamente circondato dal fluido, ciò equivale all’applicazione sul corpo di un’azione uguale e contraria a quella soppressa. A seconda dei casi, tale azione può risultare anche molto rilevante. Si osserva che durante il moto relativo, e tanto più facilmente quanto più esso è rapido, può verificarsi la istantanea espulsione del fluido da limitate porzioni della superficie. È questa una delle ragioni per le quali si hanno anomalie ed irregolarità nella entità dell’attrito.

Effetto delle azioni molecolari

Il carico locale su elementi della superficie di contatto, espresso come pressione unitaria, può risultare anche molto grande. L’estrema vicinanza degli elementi materiali consente la manifestazione in misura apprezzabile delle azioni molecolari, del tipo di quelle di adesione e di coesione.

Attrito volvente

Si definisce attrito volvente quel fenomeno di resistenza al moto dovuto al rotolamento tra le superfici di due corpi materiali in contatto.

La resistenza prodotta dall’attrito volvente è, in generale, molto minore rispetto a quella generata per attrito radente.

Leggi dell’attrito volvente

Le “leggi dell’attrito volvente” sono state stabilite da Charles-Augustin de Coulomb:

  1. legge: l’attrito volvente è proporzionale alla componente normale sulla superficie di contatto (ad. es. nel caso di superfici orizzontali abbiamo la forza peso);
  2. legge: l’attrito volvente dipende dalla natura e dallo stato dei corpi a contatto. Questo avviene similmente all’attrito radente; un esempio di come ciò influisca sulla forza di attrito è che è molto più facile far marciare un’automobile su asfalto che su sterrato;
  3. legge: l’attrito volvente è inversamente proporzionale al raggio del corpo rotolante (quindi alla sua larghezza): ciò perché la maggiore larghezza della superficie di contatto determina un minore affondamento del corpo, in quanto la pressione unitaria del peso è minore; inoltre, all’aumento del raggio del corpo consegue un aumento del braccio di leva e del momento di rotazione.

Coefficiente di attrito volvente

Poiché la manifestazione geometrica dell’attrito è lo spostamento del punto di applicazione della forza tra i due membri, tale espressione viene scelta come rapporto tra lo spostamento \(u\) ed il raggio di curvatura del rullo \(r\):

\[\mu_r=\dfrac{u}{r}\]

che prende il nome di coefficiente di attrito volvente oppure coefficiente di attrito a rotolamento.

Cause dell’attrito volvente

I caratteri del contatto dai quali dipende lo spostamento del punto di applicazione della forza mutua e quindi dell’attrito di rotolamento, sono varie. Valgono le considerazioni seguenti:

  • perfetta elasticità: è nullo l’attrito volvente; se i materiali sono perfettamente elastici e la forma dei corpi è perfettamente regolare e priva di rugosità, la distribuzione delle pressioni nel menisco di contatto è simmetrica rispetto al piano normale di contatto \(\pi_n\). In tale ipotesi la retta di azione della risultante delle pressioni è sul piano di simmetria \(\pi_n\) ed \(u\) vale zero;
  • perfetta anelasticità: al contrario, il materiale può essere perfettamente plastico, ed allora il livello del suolo viene abbassato e non si risolleva dopo il passaggio. Il contatto si verifica in massima parte sul fronte di avanzamento del rullo ed il punto \(U\) naturalmente si allontana da \(\pi_n\);
  • isteresi elastica: l’isteresi elastica si manifesta nel caso in cui il materiale è imperfettamente elastico. Per essa la tensione unitaria nel materiale non risulta semplicemente funzione della deformazione, ma anche dal segno della sua variazione: per una stessa deformazione, la tensione è maggiore se la deformazione è crescente. La distribuzione delle pressioni al contatto non è pertanto simmetrica, ma infatti, nella parte anteriore si hanno pressioni maggiori che in quella posteriore;
  • schiacciamento ed urto: le irregolarità superficiali delle pareti in contatto danno luogo a perdita di lavoro:
    1. per schiacciamento delle pareti che cedono plasticamente a causa della eccessiva concentrazione del carico su di esse;
    2. per urto dovuto ai contatti cinematicamente scorretti che si verificano in detto caso.
  • strisciamento del corpo rigido: una causa di perdita nel rotolamento imperfetto discende da strisciamenti al contatto che si verificano nel moto relativo dei due corpi considerati rigidi. In proposito si osserva che, se si considera con tutto rigore i moto delle singole parti tenendo conto della loro deformazione bisogna anzitutto definire che cosa si deve intendere per moto relativo tra i due corpi, al fine di avere la possibilità di stabilire il corrispondente asse di rotazione;
  • strisciamento dovuto a deformazione locale: a causa della deformazione nell’intorno della regione del contatto, variano la forma e le dimensioni delle superfici. Per i due corpi le deformazioni delle zone a contatto non sono le medesime, possono infatti aversi due casi:
    1. l’azione tangenziale che si manifesta al contatto è sufficiente ad impedire lo scorrimento corrispondente alla diversa forma che man mano, vanno acquistando gli elementi di superficie combacianti, al variare della sollecitazione a seconda della loro posizione lungo il menisco di contatto tra i due corpi. In questo caso è nullo il lavoro di attrito per strisciamento; però è chiaro che si producono scorrimenti interni nella massa dei due corpi, tanto più sensibili quanto più prossimo è l’elemento di volume alla superficie di contatto. A tale deformazione degli elementi di volume corrisponde lavoro perduto per isteresi elastica;
    2. l’azione tangenziale di contatto è insufficiente ad impedire lo scorrimento al contatto; in ogni caso essa lo ostacola. Si ripete pertanto in misura ridotta il fenomeno poc’anzi considerato, con conseguente perdita di energia dinamica; ed in più si ha in questo caso la perdita di lavoro corrispondente allo scorrimento.

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